martedì 26 gennaio 2010

Corri Lory… corri di Simona Gervasone


Girl runs to river, inserito originariamente da Eduard Titov.



Corri. Corri come se avessi il diavolo alle calcagna.
Corri più veloce che puoi perché questa volta non devi vincere una medaglia,
ma la possibilità di continuare a vivere.
Corri Lory!
Corri.

Il fianco le faceva un male da toglierle il fiato. Non sentiva più le gambe che sembravano essere improvvisamente diventate di pasta frolla. Tutt’attorno era il finimondo. Le fiamme devastavano i boschi circostanti e di tanto in tanto vedeva qualche animale selvatico correre più forte di lei per guadagnare la salvezza.
Avrebbe volentieri sacrificato sull’altare di un dio qualsiasi tutti gli animali della terra per salvare se stessa.
Quello era solo l’ultimo dei tanti sconvolgimenti che avevano mortificato la terra. Il mondo non si era ancora ripreso dai terremoti, maremoti ed esplosioni umanamente inimmaginabili dei supervulcani. Il cielo era grigio di cenere ovunque.
La popolazione terrestre era quasi dimezzata e ora le toccava non solo proteggersi dalla natura impazzita, ma anche dall’uomo che aveva appena tentato di ucciderla.
E perché poi?
Non ne aveva idea.
Non lo conosceva e non capiva perché ce l’avesse tanto con lei.
Doveva essere un pazzo. Un killer che stava approfittando del caos per dare sfogo ai suoi istinti.
Corri Lory.
Corri.

Sentiva i polmoni bruciare come se vi avessero colato dentro dell’acido. Non ce la faceva più, ma non poteva e non voleva arrendersi. Né ora né mai!
Gli arbusti scricchiolavano sotto le scarpe da ginnastica, l’odore acre del fumo le invadeva le narici, gli occhi lacrimavano rendendo tutto ancora meno nitido.
Non sapeva dove stava andando e non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscita a correre in quel modo.
Tutto l’allenamento di una vita non poteva bastare per correre all’infinito e pareva che quel tizio fosse proprio deciso a non mollare.
Come faceva a non essere stanco?
Come faceva a non distanziarlo?
Come poteva essere più allenato di lei che correva per dieci chilometri filati senza mai fermarsi ad andatura sostenuta?
Era un atleta?
E come faceva a non risentire di quel fumo denso, del terreno impervio, dell’oscurità?
Era riuscita a salvarsi dal crollo della sua palazzina, era riuscita a sopravvivere al dolore di aver perso tutta la sua famiglia, aveva schivato di un soffio l’esplosione di una fabbrica e ora rischiava di essere uccisa da un pazzo maniaco!
Non era possibile.
Non poteva cedere. Non poteva dare ascolto alle gambe che la tradivano, al fiato corto, al cuore in tumulto.
Doveva correre.
Oh se solo avesse avuto qualcuna delle sue pasticche! Allora sì che l’avrebbe seminato!
Non aveva mai creduto né in Dio né tantomeno a tutti quegli invasati che profetizzavano la fine del mondo eppure ora stava sussurrando una preghiera vecchia di secoli che non ricordava neppure quando avesse imparato ed era certa che il mondo fosse molto vicino alla fine.
Allora perché continuare a correre?
Perché su quello aveva ancora il controllo.
Non avrebbe potuto contrastare un’eruzione vulcanica, un terremoto devastante, ma un uomo sì!
Dio ti prego…

Non chiedere l’aiuto di chi non credi esista. Pensò l’uomo che correva dietro di lei.
Non hai scampo. Rassegnati.
Dovevi morire nel crollo e non so come te la sei cavata.
Dio non vuole che tu viva e per questo sta facendo quello che vedi attorno a te.
Deve ripulire questo mondo dalla feccia e lo deve fare ora.

Davanti ai suoi occhi all’improvviso si aprì una radura. Lì forse avrebbe potuto correre più veloce. Meno arbusti da saltare, meno tronchi a cui girare attorno, meno fronde che le sbattevano in faccia tagliandole la pelle.
Accelerò ancora e si tuffò oltre gli ultimi alberi di castagne.
Il fuoco era tutto attorno.
Saltò un masso all’ultimo cercando di mantenere l’equilibrio precario e poi via di nuovo verso il bosco dall’altro lato.
Oh mio Dio…

Non sentiva fatica, ma non poteva correre dietro a quella donna per giorni.
Era fatto per correre. Fatto per cacciare, ma non c’era solo una preda da tener d’occhio.

Cosa ci facevano tutti quegli animali fermi davanti a lei?
Non aveva mai visto tante volpi, lupi, cervi tutti insieme. E non si attaccavano a vicenda, ma sembrava piuttosto che facessero fronte comune contro qualcosa di più pericoloso. Che volessero aiutarla?
Che percepissero la cattiveria del suo inseguitore?
Per un attimo si sentì parte della natura come non le era mai accaduto prima.
Era sempre stata un’accanita sostenitrice del progresso a tutti i costi. Non le faceva alcuna impressione pensare alla vivisezione se questo poteva portare l’uomo a vivere meglio. Non le interessava il disboscamento o il riscaldamento globale. Viveva bene così senza farsi crucio di tutte queste cose e ora stava per essere salvata da un branco di lupi?
Che ironia!
Sorrise tra sé mentre continuava a correre verso gli animali immobili e ringhianti.
Il pelo irto sulla schiena, i denti snudati, la testa bassa nella posizione prima dell’attacco.
Corse come si corre tra le braccia di un amante. Corse con tutta la speranza che poteva ancora avere nel cuore.
Corse finché anche loro corsero verso di lei.
Il primo lupo che doveva essere il capo branco l’azzannò al collo e poi fu la volta di tutti gli altri.
Il dolore la invase mentre il sangue le inzuppava la maglietta e lei sentiva il liquido denso scenderle in gola soffocandola.
L’ultima immagine che vide fu il viso angelico di un uomo giovane e biondo che sorrideva senza cattiveria.
Il nulla la inghiottì.

Anche questa era fatta.
I lupi si allontanarono dopo avergli dato un’ultima occhiata e avergli
uggiolato interno come cani addomesticati.
Il mondo andava incontro a una nuova stagione, un nuovo inizio e come tutto ciò che deve ricominciare perché sbagliato ha bisogno di qualcuno che ne cancelli gli errori.
Lui era quel qualcuno.
Tutti quelli che sfuggivano al proprio destino per chissà quale strana ragione erano suoi.
L’angelo sospirò pensando a quante vite erano state sacrificate e a quante di loro non avrebbero meritato di vivere un solo giorno su quella terra.
La donna stesa davanti a lui era tra queste.
Gretta, senza principi, senza la benché minima bontà d’animo.
Ci sarebbero voluti mesi ancora per ripulire tutto il mondo, ma ormai erano a buon punto.
Il suo superiore aveva ancora un asso nella manica. Due supervulcani da fare esplodere e la totale inversione dei poli.
Ancora un poco e il mondo avrebbe conosciuto una nuova dimensione.
Ricominciò a correre.
Lui era fatto per questo.
Per correre.
Per cacciare.


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Non scrivo nulla all'inizio del racconto.
Simona mi commenta e si complimenta tempo fa' su questo
blog e gli chiedo di scrivere qualcosa.
Lei oggi mi ha inviato questo. Inedito e appena scritto.


I suoi libri li potrete trovare qui:


Il suo blog e' questo:


Grazie simona.

10 commenti:

Simona ha detto...

Grazie a te.
Un abbraccio.

theyogi ha detto...

eh no, questo va letto con calma.....

Ezio ha detto...

Ne ero certo.....

Ezio ha detto...

L'ultimo libro di Simona e' su Erzsébet Báthory...per chi volesse saperne di piu':

http://it.wikipedia.org/wiki/Erzs%C3%A9bet_B%C3%A1thory

Francarun ha detto...

Grazie questo lo leggerò sicuro, mi rispecchia un po !!! Grazie Simona e Grazie Ezio !

Marcaurelio ha detto...

Interessante... mi documentero'...

GIAN CARLO ha detto...

Appero' io un paio di titoli li ho segnati ..se riuscissi a trovarli senza tribolare troppo ...why not ?

Tosto ha detto...

Son stanco ... ma lui chi e? mo ci penso! m'intriga :)

Master ha detto...

un pò tetro, bello ma tetro

Ezio ha detto...

Non tutte le corse finiscono bene.